In queste cinquantadue omelie anomale, che seguono passo per passo il calendario della liturgia cattolica, Sergio Quinzio non si limita a restituire ai testi commentati dell'Antico e del Nuovo Testamento la loro scandalosa forza originaria, ma li pone in costante rapporto con i mutamenti della storia, e perciò proprio con quel mondo, il nostro, dove la parola evangelica sembra talvolta aver perso il suo spessore, la sua luce primigenia e terribile, la possibilità stessa di comunicarci ancora qualcosa di essenziale e decisivo. Leggendo le acute chiose di Quinzio a parabole, miracoli, dialoghi, penetriamo così nelle oscurità del mistero trinitario, nelle asperità teologiche dei Vangeli, nella purezza sconcertante delle Beatitudini, e insieme comprendiamo come le nostre tenebre non siano che l'ennesima incarnazione delle altre, vere tenebre: quelle che gli uomini da sempre - come recita il Vangelo di Giovanni - "preferirono alla luce". Anche in virtù dell'occasione che lo ha generato, "I Vangeli della domenica" è il libro più chiaro, più colloquiale che Quinzio abbia mai scritto. Ma questa diversa intensità di tono e di stile non ammorbidisce neppure per un attimo la radicalità delle questioni che esso suscita; anzi, sotto la voce del commentatore cauto e pacato, la tensione tra abbandono alla disperazione e necessità della speranza si deposita nella memoria del lettore in modo ancora più capillare e irrecusabile.
"Ascoltando le omelie nelle nostre chiese, assuefatti come siamo a sentirci ripetere le antiche parole, non ne capiamo più nemmeno il senso. Il Vangelo è il "buon annuncio", ma stranamente il tempo d'Avvento si apre con una lettera evangelica (Matteo 24,37-44) che sembra minacciarci più che consolarci. Si parla infatti di una venuta di Cristo simile al diluvio universale, che "inghiottì tutti" mentre senza sospettare nulla "mangiavano e bevevano", salvando solo Noè con i suoi. La venuta di Cristo è poi ancora paragonata al ladro che viene di notte per "scassinare la casa"".
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